La Recensione del Mese – Dicembre 2011

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Questo mese il libro di cui vi parlerò è stato proclamato come il romanzo più amato e consigliato dai librai di tutto il mondo. Si tratta de Il gusto proibito dello zenzero di Jamie Ford.

 

Titolo: Il gusto proibito dello zenzero (Orig. Hotel on the Corner of Bitter and Sweet)

Autore: Jamie Ford

Editore: Garzanti

Anno: 2010

Pagine: 372

 

 

 

Il vecchio Henry Lee restò pietrificato di fronte al trambusto davanti all’hotel Panama. Ciò che all’inizio era solo un crocchio di curiosi che osservavano una troupe del telegiornale era lievitato fino a diventare una massa ordinata di persone; gente in giro per gli acquisti, turisti e qualche punk di strada tutti si chiedevano se fosse successo qualcosa di grosso. In mezzo alla ressa c’era anche Henry, le borse della spesa in mano; si sentiva come se si stesse svegliando da un sogno a lungo dimenticato. Un sogno che aveva fatto una volta, da ragazzino. 

 

Il romanzo narra la incredibile storia d’amicizia e amore che lega i due giovani protagonisti, Henry Lee e Keiko Okabe sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Entrambi hanno 12 anni, entrambi frequentano al prestigiosa scuola Rainier di Seattle e tutti e due hanno qualcosa che li rende particolari agli occhi miopi degli altri. Henry è nato da una famiglia tradizionale cinese, arrivata in America per sfuggire alla guerra nel proprio paese e per fare fortuna; Keiko è una nisei, ovvero americana di terza generazione, discendente da una famiglia giapponese che 2 generazioni prima della sua nascita giunse negli States per avere una vita migliore. I due ragazzi sono americani di nascita ma ognuno di loro vive il percorso della propria cittadinanza in maniera differente. All’indomani dell’ammissione alla Rainier, Henry riceve dal padre, un nazionalista cinese nemico dei giapponesi che hanno piegato il suo Paese,  un distintivo con su scritto “Io sono cinese”. I motivi di questa decisione sono per Henry inizialmente oscuri, ma bene presto, il ragazzo ne realizzerà dolorosamente il significato. Alle sue spalle si staglia quel conflitto, che lo seguirà per tutta la sua crescita, in cui il suo Paese, gli Stati Uniti, combatte quelli che sono i loro principali nemici nonché i soli e unici nemici di suo padre, quei giapponesi che nel 1941 attaccarono la base americana di Pearl Harbour determinando l’entrata in guerra degli USA. L’arrivo della guerra complicherà la vita di Henry, già vessato, preso in giro e mortificato dai suoi compagni di scuola, esemplari di quell’americano medio incapace di accettare il diverso, per quei suoi tratti da orientale, ma soprattutto stravolgerà completamente l’esistenza di Keiko, una ragazzina moderna, nata in una famiglia illuminata, conscia delle sue origini ma consapevole dei suoi diritti di cittadina americana e orgogliosa della sua nazionalità.

La loro storia ci viene raccontata attraverso lo sguardo di un Henry ormai sessantenne, con un figlio ormai uomo e un segreto mai rivelato: nessuno, a parte la moglie Ethel, morta di cancro recentemente, e l’amico jazzista Sheldon, sa di Keiko e del loro amore contrastato dalla storia e da una società ottusa e intransigente, la cui paura del diverso si trasforma in violenza. Un incalzante andare avanti e indietro nel tempo, con continui flashback e ritorni al presente, danno ritmo a una storia delicata ma allo stesso tempo forte e tanto difficile quanto controversa. Il contesto storico in cui è ambientata, infatti, ci introduce in un tema che nei libri storia non si trova quasi mai citato e che per anni è stato oggetto di oscurantismo: l’evacuazione della popolazione giapponese presente sul territorio statunitense e il loro relegamento in “campi di detenzione, vere e proprie prigioni a cielo aperto, nel bel mezzo del deserto texano o nascoste tra le montagne, dove veniva rinchiusa gente la cui unica colpa era di essere quello che erano, cittadini americani di discendenza giapponese, capri espiatori di un odio cieco e folle. La parola “campo” richiama alla memoria immagini dolorose e orribili. Qui certo non ci troviamo di fronte alle vergogne dei lager. Ma il principio di base è, purtroppo, lo stesso.

La giovane età dei protagonisti, poco più adolescenti che affrontano qualcosa più grande di loro, pare in qualche modo alleggerire l’atmosfera e renderla più innocente di quel che fosse. Henry e Keiko comprendono cosa sta succedendo intorno a loro e ne sono ovviamente spaventati, ma i loro giovani cuori sono ancora pieni di speranza e gioia di vivere e tali emozioni vengono trasmesse in modo chiaro al lettore che condivide ogni singolo istante della loro avventura. Anche la colonna sonora che li accompagna, la musica jazz degli anni ‘40, è quanto mai adatta e capace di venire in aiuto alle parole e caricarle ulteriormente di sensazioni e stimoli che permetto chi legge quelle pagine di immergersi completamente in tali atmosfere. Ford ricostruisce accuratamente l’International District di Seattle e l’intera città sotto i nostri occhi, attingendo ai suoi ricordi di bambino, ai racconti dei suoi genitori e nonni e alla storia musicale e civica della metropoli statunitense, regalandoci una calorosa e appassionante visione, quasi cinematografica, di quell’epoca e della città, che mai avremmo potuto credere così affascinante. Diventa, così, molto facile immaginare Henry e Keiko affascinati di fronte alla musica di Oscar Holden (musicista effettivamente esistito ai tempi e figura importante della scena jazz della città) o persino sentire Sheldon, il più caro amico di Henry, suonare il suo sax in quell’angolo di strada da lui tanto amato.

Storia molto dolce e commovente, lo stile con cui viene narrata è semplice e lineare e lo sfondo accurato e suggestivo. Le uniche pecche del libro sono da ricercarsi, probabilmente, in una certa lentezza della narrazione verso l’ultima parte del romanzo e in alcune scelte dell’autore, fatte forse per evitare id dilungarsi troppo, che rendono confuso il passaggio tra presente e passato. Tuttavia sono difetti su cui si può trascendere. Il gusto proibito dello zenzero è sicuramente un libro da leggere e da gustare lentamente. Sebbene la storia non sia delle più originali, il contesto in cui viene inserita la rende particolare e interessante, capace di risvegliare nel lettore interesse non solo verso la sorte dei protagonisti, a cui inevitabilmente ci si affeziona, ma anche verso uno spaccato della storia contemporanea sconosciuto ai più, la cui memoria, ugualmente, merita di essere preservata.

Voto:

Trailer del libro

Colonna Sonora:

All I need di Oscar Holden cantata dalla figlia Grace.

I Got it Bad and That Ain’t Good di Duke Ellington

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7 commenti

  1. l'ho letto anche io e l'ho amato tantissimo!

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  2. Che bello! Conoscevo questo libro di nome, ma non sapevo o non ricordavo di cosa parlasse... mi hai davvero incuriosita!

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  3. non ho letto tutta la tua recensione perchè non voglio rovinarmi troppo il libro considerato che adoro i libri sulla (o ambientati nella) Seconda Guerra Mondiale ma che ovviamente la stragrande maggioranza di essi parla dell'Europa... quindi direi che questo è l'ideale per approfondiare ampliando il tema e ricordarci che non siamo stati gli unici devastati da quel conflitto... grazie per il suggerimento!!

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  4. splendida recensione! as usual :D

    p.s. ti seguo ;)

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  5. che bel libro!!!
    la recensione non l'ho letta tutta perché non volevo privarmi di qualche sorpresa che potrei avere leggendolo.
    ottima la colonna sonora!!!
    non ti faccio ancora gli auguri perché mi riservo di passare nei prossimi giorni a darteli ;-)
    un abbraccio per ora

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  6. Io e le mie sorelle lo abbiamo regalato a mamma e a lei è piaciuto tantissimo. Figurati che alla fine l'ha letto anche mio padre, che non si può dire sia un grande lettore! :)

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  7. La tua recensione mi ha incuriosito. Magari lo inserirò nella lista dei regali natalizi dell'ultimo momento!
    Ti auguro un bellissimo Natale. Laura.

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